Mario, l’alpino del centro diurno

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04 dic Mario, l’alpino del centro diurno

Mario Rossetto è l’Alpino del nostro Centro diurno. Ma non solo. Per 15 anni, infatti, è stato dall’”altra parte”, come membro del CdA dell’Ipab Chiampo, di cui per 12 anni ha ricoperto la carica di vicepresidente.

Originario di San Giovanni Ilarione e trasferitosi in gioventù a Chiampo per amore, Mario sfoggia con orgoglio il suo cappello con la penna nera, così come la targa che l’Ipab gli donò per ringraziarlo del suo servizio.

Oggi, che ha 88 anni, ha un lunghissimo bagaglio di ricordi legati all’essere alpino. I più freschi sono riferiti alle adunate: il raduno triveneto del 2017 proprio a Chiampo – “sfilai davanti a 34.000 persone a bordo della jeep di Ilario Ferrari”, racconta – e poi quelle più recenti, come l’adunata nazionale a Vicenza e l’adunata del gruppo di Chiampo per festeggiare i 95 anni dalla fondazione. “Il sabato precedente quest’ultima sfilata – ricorda – gli Alpini del gruppo di Chiampo sono venuti a cantare in casa di riposo e io, come rappresentante del Centro diurno, non potevo che essere in prima fila”.

Mario affrontò la leva nel 1956 sul Monte Bondone, come istruttore delle reclute per l’utilizzo delle armi pesanti. Terminato il servizio militare, giunse il momento di pensare al matrimonio. Venne fissata la data: 18 ottobre 1961. Ma il destino volle che fosse richiamato in servizio per due mesi a San Candido, con il compito di contrastare le azioni terroristiche del Comitato per la liberazione del Sudtirolo. Tornato a Chiampo, non c’era più tempo da perdere per il rischio di un nuovo rinvio delle nozze, che vennero finalmente celebrate il 30 dicembre.

È sempre del 1961 l’iscrizione di Mario al gruppo di Chiampo degli Alpini. Con loro ha potuto mettere in pratica la vocazione all’impegno nella comunità, concretizzatasi, come detto, anche nel ruolo amministrativo in seno all’Ipab di Chiampo.

“Allora – ricorda – la casa di riposo contava soltanto 28 ospiti. Erano soprattutto persone povere, non per forza anziane, che venivano dalle contrade. Oggi il mondo dell’assistenza è completamente cambiato. Il personale è da elogiare, perché è caratterizzato da un alto grado di comprensione umana. Penso, infatti, sia veramente difficile stare insieme con persone anziane che magari sono affette da demenza”.

Mario, rimasto vedovo, frequenta il Centro diurno da due anni perché, spiega, “la solitudine è la più brutta malattia e qui trovo compagnia e calore umano. Memore della mia vecchia esperienza, vedo tutto il buono che c’è qui oggi, ossia il massimo della pulizia e il massimo del rispetto e dell’amore per gli anziani”. Parola di Mario Rossetto, parola di Alpino!