20 apr L’infermiere, un figura fatta di impegno umano e professionale
«Tutti i giorni entro in struttura, apro il mio armadietto e, proprio in quel momento, mi spoglio dei miei oggetti personali, di pensieri e preoccupazioni, per indossare la mia divisa». A parlare è Sabrina Gugole, infermiera referente della nostra Residenza Sanitaria Assistenziale che, assieme agli altri 13 colleghi, si occupa dei 112 ospiti della struttura. Una professione fatta di competenze cliniche, relazionali ed educative. Il tutto per garantire un’assistenza a 360°. Ma non solo. Essere infermieri è questo e molto altro. «Non si tratta solamente di prendersi cura dell’ospite da un punto di vista tecnico – prosegue Sabrina –. Fondamentale è entrare in contatto con lui e il suo mondo, con quello che è stato il suo vissuto, le sue esperienze, i ricordi e le sofferenze. Perciò è essenziale l’importanza della vicinanza, del tocco e della nostra presenza. Questo, secondo me, fa la differenza. Non è più soltanto lavoro».
Una professione che richiede molto impegno umano, ma anche professionale. Gran parte delle attività assistenziali delle RSA poggiano infatti sulla fondamentale presenza di infermieri e Operatori sociosanitari (Oss). «Spesso siamo noi i primi riconoscitori di problemi, sintomi e probabili patologie – prosegue Sabrina –. Una volta rilevato il problema andiamo a scegliere la figura più idonea a risolverlo. Dirottiamo quindi la segnalazione a medici, fisioterapisti, logopedisti ed educatori».
Una responsabilità, dunque, non da poco. Specialmente quando si ha a che fare con anziani affetti da deficit o forme di demenza. «Le famiglie hanno affidato a noi il loro prendersi cura dei propri cari – aggiunge Lidia Gjorgjievska, anche lei infermiera –. Il rapporto con le famiglie, quindi, è fondamentale per fornirci delle indicazioni di gestione dell’ospite».
Collaborazione e cooperazione: due parole che riassumono il rapporto tra Oss e infermieri. Figure che, grazie ad una salda collaborazione, si fondono in un’unica dimensione dell’assistenza. Ma con una differenza. Il responsabile dell’intero processo assistenziale è l’infermiere. All’Oss, invece, rimane in capo la responsabilità dell’azione che compie. «Gli Oss diventano le nostre braccia e i nostri occhi. È ovvio, quindi, che se testa e braccia non sono collegate non si producono risultati. L’interazione, dunque, è d’obbligo» conclude Lidia.
Perché scegliere di rimanere
Eroi durante la pandemia e in costante difficoltà nella quotidianità poiché sempre troppo pochi. La carenza di infermieri è un problema, quanto mai attuale. Una mancanza dovuta, in primis, ad anni di blocco dei concorsi pubblici, riaperti solo recentemente. Allo stesso modo, la pandemia, e con lei le urgenze legate al Covid, hanno creato un fuggi fuggi verso gli ospedali. Il che ha influito non poco sul personale della RSA. Esiste, però una sostanziale differenza tra ospedali e case di cura per anziani.
«A differenza degli ospedali, questo è un luogo di vita e di cura. – sottolinea Sabrina –. In questo contesto non ti occupi del paziente e della sua patologia soltanto, ma prendi in carico tutta la sua giornata e, a volte, tutta la sua famiglia. Si crea, quindi, un ambiente e un clima molto famigliare. Io, per esempio, scelgo di rimanere proprio per quello che trovo qui».