22 gen La forza della coesione: voci dall’Ipab al tempo della pandemia
Se quest’epoca segnata dalla pandemia è stata spesso paragonata ad una guerra, allora possiamo dire che gli operatori delle case di riposo l’hanno vissuta in trincea. Una prima linea fatta sicuramente di preoccupazioni e ansie, ma anche di una grandissima dedizione al proprio lavoro, con il fine ultimo e costante del benessere degli anziani ospiti.
La nostra Ipab non ha fatto eccezione. I vaccini stanno dando una speranza, è vero, ma non cancellano i periodi vissuti più duramente, quelli dell’isolamento e della quarantena nei reparti. Ecco allora le voci dei nostri operatori. Sono le loro testimonianze dirette di un anno all’insegna del Covid-19.
Come avete vissuto il periodo in cui la struttura era in quarantena e come state vivendo il periodo attuale? Che cosa vi ha aiutato?
P.: “In questi duri mesi ci siamo ritrovati in una situazione che non avremmo mai pensato di vivere, con una grande responsabilità nei confronti dei nostri cari ospiti. Abbiamo cercato di dare sempre il meglio, senza orari, senza paura, per far star bene tutti e tornare a casa la sera dalle nostre famiglie stanchi, ma felici di aver fatto bene anche oggi”.
P.: “Ciò che mi ha colpito è stato come abbiamo reagito tra colleghi. Ci siamo tanto uniti tra di noi, c’è stato tanto ‘amore’ e disponibilità ad aiutarci l’un l’altro. E questa non è una cosa scontata, perché a volte nei momenti di fatica e difficoltà possono nascere tensioni. E invece no. In un momento in cui c’era anche paura di fare qualche errore e di causare il contagio tra gli ospiti o di portarlo a casa e in alcuni colleghi erano a casa per isolamento, ecco, in un momento così è venuto fuori il gruppo, tutti si sono fatti avanti e offerti anche per sostituire i colleghi assenti! E poi c’è stata anche la confidenza di dirci tra di noi come stavamo. Chi aveva un momento di debolezza ha avuto anche l’umiltà di dirlo apertamente e ha ricevuto prontamente il supporto di un collega. All’inizio è stato difficile spiegare e far capire agli ospiti il motivo dell’isolamento, ma poi gradualmente hanno compreso che si trattava di un problema anche ‘per chi era fuori’ e molti hanno collaborato attivamente alle indicazioni”.
G.: “Tutto è iniziato il 9 novembre. Mai avrei voluto sentire che nella casa di riposo dove io lavoro ci fossero positivi per Covid. Quel giorno è iniziato l’isolamento in camera degli ospiti. Dovevamo spiegare loro cosa stava succedendo e sono stati davvero bravi a comprendere e a continuare a sopportare questo modo di vivere non facile. Anche per noi operatori non è facile lavorare tutti bardati con camice, doppi guanti, mascherine, cuffie e soprascarpe. A volte sembra non respirare, ma con tanta forza siamo andati avanti, cercando di stare molto attenti per non creare altri contagi e penso che ci siamo riusciti. In questi momenti difficili mi sono state molto d’aiuto, anche se non potevano venire in reparto, le varie figure che mi chiamavano per chiedermi come stavamo e per dirci che in qualche modo ci stavano vicino. Questo mi dava forza. Mai mi sono arresa, nonostante la stanchezza. Tutto era fatto per il bene dei nostri ospiti! La forza è venuta anche da qualche famigliare, il quale ci diceva che eravamo molto bravi e che ci era vicino, perché l’importante era che i nostri ospiti non prendessero il Covid”.
G.: “Sono state molto brave le colleghe che hanno lavorato direttamente con gli ospiti positivi. C’è stato anche chi non è si mai stato positivizzato e questa è un’altra dimostrazione che hanno lavorato bene! Ora abbiamo iniziato a vedere la luce. Non è ancora tutto finito, ma già vedere i nostri ospiti fuori dalle stanze a mangiare in sala da pranzo normalmente, sia per loro che per noi è una bella cosa. Vedere la psicologa, la logopedista, le educatrici che tornano in reparto è bellissimo!”.
“Siamo andati avanti grazie alla coesione tra i colleghi, la determinazione e la collaborazione e presenza delle infermiere sul campo”, conferma un altro operatore.
E un operatore sociosanitario del Gruppo Area Covid aggiunge: “Credo che la determinazione e la voglia di farcela ci abbia accompagnato anche nei momenti di difficoltà dovuti a un disagio fisico e mentale della nostra quotidianità lavorativa. Sicuramente è stato un periodo difficile per tutti. Quella che preoccupava di più era la fatica psicologica. La paura, l’ansia e l’incertezza affliggevano tutti noi. Ci si sentiva come delle crocerossine al fronte, che cercano di curare e salvare la vita ai soldati, non sapendo che da un momento all’altro una granata potrebbe ferirle. I servizi per gli ospiti non sono cambiati. Visto il fatto che non avevano le opportunità di ‘evadere’ dalle quattro mura della struttura, noi eravamo per loro l’unico contatto con la realtà, con il mondo. Un episodio mi è rimasto nel cuore. Una mattina, mentre aiutavo un’ospite non vedente nella vestizione, le descrivevo l’abito che avrebbe indossato, e le illustravo la giornata, le dicevo se era bel tempo. E lei, anche se non lo diceva direttamente, mi ha fatto capire che provava molta gratitudine. E questa gratitudine mi ha fatto sentire una persona migliore. Io cerco sempre di dare agli ospiti la stessa importanza e la stessa attenzione che riceverebbero dai loro cari, che purtroppo al momento non possono più incontrare, se non attraverso dei metodi innovativi come il tunnel degli abbracci. Credo che ognuno di noi abbia una storia in comune lavorativa, ma anche una storia personale data da emozioni, paure e un sentire magari diverso. Tutto questo, però, ci ha fatto sentire uniti”.
D.: “È stato un periodo duro, perché c’erano tensione e preoccupazione, ma comunque ce l’abbiamo messa tutta per andare avanti e portare avanti tutto. Ora la viviamo un po’ meglio: da quando siamo tornati ‘covid free’ e, soprattutto, da quando è arrivato il vaccino che ci ha dato un segno di speranza, vediamo una luce in fondo al tunnel”.
R.: “In questa situazione difficile ci ha aiutato il fatto di essere uniti, una squadra con un unico obiettivo: il benessere psichico e fisico dei nostri ospiti. Abbiamo cercato ogni giorno di assisterli con professionalità e amore.
D.: “Mai avrei pensato che il mio gruppo di lavoro si sarebbe rivelato così unito e pronto ad aiutarsi!”.
La paura lascia ora spazio alla speranza, la stessa speranza che emerge dalle parole di questo nostro ospite, che ha contratto il Covid-19 ed è guarito: “Più che i sintomi fisici, era il tono dell’umore che era un po’ basso, la preoccupazione. Ma mi sono fatto forza con il pensiero dei miei cari e soprattutto dei miei nipotini a casa che aspettano il nonno!”.
Sono parole come queste che ci spingono ogni giorno a fare del nostro meglio!